Michael Ọzo Osahon, 43 anni, nigeriano e Cecilia Gregoria Cassapi, 50 anni, angolana: sono vincitori della seconda edizione del Premio Raffaele Masto a favore dell’attivismo civico in Africa. Michael difende i difende le persone LGBT in una nazione dove l’omosessualità è punita con il carcere, Cecilia si batte per tutelare i diritti delle comunità rurali contro lo sfruttamento e i soprusi delle società minerarie.
I vincitori della seconda edizione del Premio Raffaele Masto (Comunicato Stampa)
Winners of the second edition of the Raffaele Masto Award
Annoncés les gagnants de la deuxième édition du Prix Raffaele Masto
São divulgados os vencedores da segunda edição do Prêmio Raffaele Masto
Michael Ọzo Osahon, 43 anni, nigeriano e Cecilia Gregoria Cassapi, 50 anni, angolana: sono i vincitori della seconda edizione del Premio Raffaele Masto – intitolato alla memoria del noto giornalista e scrittore, scomparso il 28 marzo 2020 – a favore dell’attivismo civico in Africa.
Michael Ọzo Osahon è un’attivista gay in una nazione dove l’omosessualità è punita con 14 anni di carcere. Svolge un grande lavoro di informazione e prevenzione contro l’Aids e gestisce una casa rifugio per persone LGBT. La casa è sotto copertura, il governo nigeriano non sa della sua esistenza e non sa che lui ne è il responsabile, conoscendolo solo per la sua attività di prevenzione del virus HIV. Sfidando le leggi repressive, scontrandosi contro discriminazioni e pregiudizi diffusi, Michael porta avanti una battaglia coraggiosa che gli è costata minacce e intimidazioni.
Cecilia Gregoria Cassapi, attivista per i diritti umani, residente nel Sud dell’Angola, la regione meno sviluppata del Paese, fin da giovane si è occupata della tutela dei diritti dei lavoratori nelle comunità rurali, dell’emancipazione delle donne e del diritto alla terra. È particolarmente impegnata nella denuncia degli effetti dell’estrazione di minerali: dal degrado ambientale (distruzione delle terre, inquinamento delle falde acquifere) all’espulsione dalle loro terre degli abitanti delle comunità rurali, che subiscono anche violenze e torture da parte delle autorità e dei proprietari terrieri.
Entrambi i vincitori riceveranno 2.500 euro raccolti tramite campagna di crowdfunding e l’invito a venire in Italia per far conoscere le proprie battaglie, in occasione della cerimonia di premiazione che si terrà nei prossimi mesi, in data da definire.
«Non è stato semplice scegliere i vincitori, tra le 25 candidature giunte da ogni parte dell’Africa», ha puntualizzato la presidente della giuria, Gisele Ahou Kra, moglie di Raffaele Masto. «In tanti avrebbero meritato di aggiudicarsi il Premio, a dimostrazione della vitalità della società civile del continente africano, che troppo poco viene raccontata e sostenuta.»
Menzioni Speciali
La segreteria del Premio ha reso noti i nomi di cinque altri attivisti a cui è stata assegnata una menzione speciale: candidati e candidate che, pur non risultando vincitori del Premio, si sono comunque distinti e sono stati particolarmente apprezzati dai membri della giuria. Donne e uomini «di buona volontà» che Raffaele Masto avrebbe raccontato nei suoi appassionati reportage:
– Grégoire Ahongbonon, 71 anni, beninese, chiamato «il Basaglia d’Africa», si prende cura di migliaia di persone con problemi di salute mentale nei centri gestiti dall’associazione San Camillo, da lui fondata, contrastando anche i rappresentanti religiosi locali che operano esorcismi su persone con disturbi mentali o epilessia. In trent’anni di attività l’associazione ha ridato dignità a 130.000 persone.
– Jacqueline Moudeina, 66 anni, ciadiana, è avvocatessa (una delle prime donne ad aver esercitato la professione forense nel suo Paese) e attivista, già leader dell’Associazione ciadiana per la promozione e la difesa dei diritti umani (ATPDH). Si è distinta per il suo impegno nel contrastare il traffico di minori, nella lotta contro l’impunità, nella difesa delle persone vulnerabili: in particolare le vittime della repressione del regime di Habré, e le donne che subiscono violenze.
– Didi Stanley Kiaviha, 44 anni, keniano, ex ragazzo di strada, con la sua associazione Nairobi Recyclers è impegnato a difendere la dignità e il lavoro dei giovani raccoglitori di rifiuti a Dandora, la più grande discarica dell’Africa nera, e promuove attività comunitarie ambientali (sistemazione di corsi d’acqua, pulizia di strade, piantumazione di nuovi alberi)
– Latifa Walhazi, 44 anni, tunisina, è attivista e vicepresidente dell’Associazione delle madri dei migranti scomparsi. Dal 2016 è impegnata ad aiutare le famiglie che hanno perso i loro cari – morti annegati o dichiarati dispersi – durante la traversata del Mediterraneo, fornendo con la sua associazione sostegno psicologico e materiale (aiuti per tutele sanitarie e legali) e operando per creare connessioni con altre associazioni analoghe presenti in altri Paesi africani.
– Ben Kamuntu, 30 anni, congolese, è un giovane attivista per i diritti umani che per il suo impegno civile è stato anche incarcerato nel 2018. Da questa esperienza è nata la sua arte: poesia e musica come mezzo per reagire alle diseguaglianze e spezzare il circuito della violenza. La sua arte è stata usata in numerose attività con ragazze vittime di violenza, che attraverso la poesia hanno trovato una via per rielaborare il proprio vissuto.
Il Premio
Il Premio Raffaele Masto è un’iniziativa promossa da Fondazione Amani grazie all’impegno del Comitato «Amici di Raffa» e con il supporto della Rivista Africa e di Radio Popolare, nata per ricordare il giornalista e scrittore Raffaele Masto – una vita dedicata a raccontare il continente africano, scomparso il 28 marzo 2020.
Il Premio a favore dell’attivismo civico in Africa intende fornire visibilità e sostegno a esponenti della società civile africana ed è un riconoscimento riservato a donne e uomini africani che si sono contraddistinti nella difesa e nella promozione dei diritti umani, delle libertà individuali, nella tutela delle comunità locali, delle minoranze, dei dissidenti e dell’ambiente in Africa.
In particolare, il Premio intende fornire visibilità e sostegno a esponenti della società civile selezionati dalla giuria del Premio tra le candidature segnalate da enti, organizzazioni non governative e associazioni, oppure tra eventuali candidature spontanee: persone che si sono contraddistinte per l’impegno civico, indipendentemente dalla professione svolta e dal contesto in cui operano.
Possono essere candidati al Premio attivisti, intellettuali, studenti, giornalisti, citizen journalist, blogger, ambientalisti, sindacalisti, artisti; in generale, chiunque si sia opposto alle vessazioni, all’illegalità e alle prevaricazioni, dimostrando audacia e talento, abnegazione e generosità, coraggio e integrità morale, dedizione incondizionata verso i diseredati e gli oppressi.
Il Premio viene assegnato a due candidati, ritenuti più meritevoli secondo il giudizio insindacabile della giuria. In sede di valutazione vengono considerate le attività e le iniziative intraprese, i successi ottenuti, ma anche gli sforzi profusi e i comportamenti virtuosi dimostrati.
Il Premio viene consegnato in occasione di un evento pubblico in Italia, finalizzato a far conoscere e promuovere le attività svolte dal/la vincitore/trice.
Il bando del Premio (la prossima edizione si terrà nel 2024) è consultabile e scaricabile in varie lingue sul sito https://www.amicidiraffa.it/
Informazioni per la stampa: info@amicidiraffa.it
Ecco tutte le 25 candidature giunte da tutta l’Africa per la seconda edizione del Premio Raffaele Masto a favore dell’attivismo civico in Africa. L’organizzazione ringrazia tutti i partecipanti e invita a riproporre la propria candidatura per la prossima edizione del Premio, il cui bando sarà pubblicato nel corso del 2024.
1) Suor Chinyere Patricia Ezenwa (Nigeria)
Chinyere Patricia Ezenwa, nigeriana, 46 anni, è una suora infermiera che dal 2012 opera nel villaggio di Igbedor, una località molto povera su un’isola in mezzo al fiume Niger. Suor Chinyere si prende cura dell’intera popolazione del villaggio, composta per il 60% da bambini al di sotto dei 12 anni. Nei periodi critici, durante le periodiche inondazioni, garantisce il soccorso, spostandosi in canoa, anche di notte, rispondendo ad ogni urgenza.
2) Jophael Banda (Zambia)
Jophael Banda, in arte “Jay”, zambiano, 36 anni, fondatore della banda Afrotwist, dal 2015 è impegnato a creare opportunità di riscatto e di educazione ai ragazzi degli slum di Lusaka, attraverso la musica e la danza. Lui stesso proviene da una delle più malfamate baraccopoli della capitale, Chipata Compound, dove ha scoperto il potere dell’arte come strumento per affrancarsi dalla miseria e dal disagio sociale.
3) Zongo Booûndsom-julien (Burkina Faso)
Zongo Booûndsom-julien, 35 anni, burkinabé, è fondatore e segretario dell’Associazione Acss, che dal 2001 opera nel villaggio di Koudougou, un centinaio di chilometri a ovest della capitale Ouagadougou, promuovendo attività socio-sanitarie (presidi medici, centri di accoglienza, punti di accesso all’acqua potabile, supporto ai disabili), interventi di sviluppo sociale (specie per l’educazione dei bam bini più poveri), e campagne di rimboschimento e tutela ambientale.
4) Valoi Estacio (Mozambico)
Valoi Estacio, 50 anni, mozambicano, è giornalista investigativo e fotografo, co-fondatore del Mozambican Investigative Journalism Center (CJIM). Ha coperto una serie di indagini ambientali per il quotidiano Zambeze e per i media internazionali. Il suo lavoro si concentra sui crimini ambientali e sui saccheggi nel suo paese devastato dal bracconaggio di rinoceronti ed elefanti e derubato delle sue risorse di pietre preziose e legname.
5) Ọzo Osahon Michael (Nigeria)
Ọzo Osahon Michael, 43 anni, nigeriano è attivista gay in una nazione dove l’omosessualità è punita con 14 anni di carcere. Fa un grande lavoro di informazione e prevenzione contro l’Aids e gestisce una casa rifugio per persone LGBT. La casa è sotto copertura, il governo nigeriano non sa della sua esistenza e non sa che ne è il responsabile, conoscendolo solo per la sua attività di prevenzione del virus HIV.
6) Moudeina Jacqueline (Ciad)
Moudeina Jacqueline, 66 anni, ciadiana, è avvocatessa (una delle prime donne ad aver esercitato la professione forense nel suo Paese) e attivista, già leader dell’Associazione ciadiana per la promozione e la difesa dei diritti umani (ATPDH). Si è distinta per il suo impegno nel contrastare il traffico di minori, nella lotta contro l’impunità, nella difesa delle persone vulnerabili: in particolare le vittime della repressione del regime di Habré, e le donne che subiscono violenze.
7) Santigie Bayo Dumbuya (Sierra Leone)
Santigie Bayo Dumbuya, 41 anni, sierraleonese, ex bambino-soldato durante la guerra civile che ha flagellato il suo Paese (1991-2202), ha trovato la forza di fondare l’associazione “We Yone Child Foundation” (WYCF) che del 2009 aiuta i bambini dei quartieri più poveri di Freetown, concentrandosi in particolare sulla promozione di istruzione, mezzi di sussistenza, emancipazione delle ragazze.
8) Didi Stanley Kiaviha (Kenya)
Didi Stanley Kiaviha, 44 anni, kenyano, ex ragazzo di strada, è riuscito a riabilitarsi e, proprio in seguito alla sua esperienza di vita di strada, si occupa di difendere la dignità e le tutele dei bambini che operano come raccoglitori di rifiuti a Dandora, la più grande discarica dell’Africa nera, e promuove attività comunitarie ambientali (sistemazione di corsi d’acqua, pulizia di strade, piantumazione di nuovi).
9) Kamel Belabed (Algeria)
Kamel Belabed, 74 anni, algerino, è portavoce del Collectif des Familles des disparus en Mer di Annaba e membro della Lega per i diritti umani. Colpito dalla scomparsa del figlio venticinquenne nel Mediterraneo nel 2007, sostiene le famiglie algerine i cui cari sono deceduti o scomparsi nel tentativo di raggiungere l’Europa. Da 15 anni raccoglie dati e testimonianze sulle imbarcazioni partite dalle coste algerine.
10) Walhazi Latifa (Tunisia)
Walhazi Latifa, 44 anni, tunisina, è attivista e vicepresidente dell’Associazione delle madri dei migranti scomparsi. Dal 2016 è impegnata ad aiutare le famiglie che hanno perso i loro cari, morti annegati o dichiarati dispersi, durante la traversata del Mediterraneo, fornendo con la sua associazione sostegno psicologico e materiale (aiuti per tutele sanitarie e legali) e operando per creare connessioni con altre associazioni analoghe presenti in altri Paesi africani.
11) Marcelina Isabel Chai Chai (Mozambico)
Marcelina Isabel Chai Chai, mozambicana 60 anni, psicologa e pedagogista, con formazione in agricoltura e geologia. Nell’ottobre 2007 ha creato l’Associazione CÁ-PAZ, che si occupa all’empowerment psicosociale delle comunità e delle vittime di qualsiasi tipo di violenza. L’obiettivo è avvicinare le comunità periferiche e urbane ai servizi sociali, migliorare la gestione dei conflitti e rafforzare la coesione e l’inclusione sociale delle comunità.
12) Grégoire Ahongbonon (Benin)
Grégoire Ahongbonon, beninese 71 anni, chiamato il “Basaglia” d’Africa, aiuta migliaia di persone con problemi di salute mentale, prendendosene cura nei centri di accoglienza gestiti dall’associazione da lui fondata chiamata San Camillo. Contrasta senza paura i rappresentanti religiosi locali che fanno esorcismi su persone con disturbi mentali o epilessia. In 30 anni di attività l’associazione ha ridato dignità a 130mila persone.
13) Luis Nhachotem (Mozambico)
Luis Nhachotem, giornalista investigativo mozambicano 49 anni. Attualmente è coordinatore esecutivo del Center for Investigative Journalism di cui è mentore e fondatore e nei suoi lavori più recenti è stato la voce di denuncia delle atrocità compiute dai terroristi a Cabo Delgado dal 2017. Negli anni si è distinto nella denuncia di crimini e per la difesa della democrazia contro la corruzione.
14) André Cauteira (Mozambico)
André Cauteira, mozambicano e giornalista 42 anni, si è formato in giornalismo di comunità con l’UNESCO durante l’implementazione delle radio di comunità, poi per l’area investigativa da Southern African Media (NSJ), coprendo temi di società e politica, nonché salute in tutto il centro e nord del Mozambico. Dal 2006 al 2010 è stato corrispondente per PlusNews Português, il quotidiano integrato in IRIN, la Rete di Informazione delle Nazioni Unite.
15) Dieydi Bass (Senegal)
Dieydi Bass, senegalese 41 anni, responsabile dello sviluppo locale del comune rurale di Meri, in Senegal. L’obiettivo dell’attività è promuovere l’approccio di genere, facilitando l’emancipazione politica ed economica delle donne e dei giovani, affrancandoli da un contesto informale, permettendo loro di avere accesso alle strutture bancarie e ai partner attivi localmente. Governance e sviluppo guidano tutte le azioni e i progetti.
16) Ndombo Moleka (RD Congo)
Ndombo Moleka, congolese 43 anni, coordinatore nazionale di DYPOL, associazione che lavora per migliorare la governance politica nel Paese ed è presente in 26 provincie della Repubblica democratica del Congo. L’obiettivo è quello di migliorare la cultura politica democratica soprattutto dei giovani. Su questi temi è consulente di vari media – Radio okapi, BBC, Rfi, Radio Africa – e assistente di ricerca presso l’Università di Kinshasa.
17) Ben Kamuntu (RD Congo)
Ben Kamuntu, congolese 30 anni, è un giovane attivista per i diritti umani e membro del movimento congolese Lucha, è stato incarcerato nel 2018 per il suo impegno civile. Da questa esperienza è nata la sua arte: poesia e musica come mezzo per reagire alle diseguaglianze e spezzare il circuito della violenza. La sua arte è stata usata in numerose attività con ragazze vittime di violenza, che attraverso la poesia hanno trovato una via per rielaborare il proprio vissuto.
18) Audrey Delsink (Sudafrica)
Audrey Delsink, sudafricana 48 anni biologa, ha dedicato la sua vita a proteggere l’elefante della savana africana dalle crescenti minacce antropiche che spingono la specie sempre più vicino all’estinzione. Direttrice della Humane Society International (HSI) Africa che ha sede a Città del Capo, è anche membro di numerose altre associazioni e gruppi, sempre legate alla sopravvivenza degli elefanti.
19) Wolfgang Mac-Din (Ghana)
Wolfgang Mac-Din, ghanese, 37 anni, ambientalista, è attivista e cofondatore della Ong Asase Africa Foundation. Opera con coraggio e determinazione nella realtà della più grande baraccopoli di Accra contro la schiavitù infantile, a supporto dei bambini di strada, delle giovani madri senzatetto e dei ragazzi che, cercando di recuperare materiali tra i rifiuti elettronici e tecnologici della immensa discarica di Agbogbloshie, mettono a rischio la loro salute.
20) Cheikna Keita (Mali)
Cheikna Keita, maliano, 38 anni, avvocato e insegnante, è presidente e fondatore di AJBLD, un’associazione giovanile nata nel 2015 che ha tra i suoi obiettivi: la tutela delle foreste, la rinascita del settore agricolo a scapito del disboscamento, la lotta al cambiamento climatico e alla povertà. Keita organizza campagne di sensibilizzazione e assemblee nei villaggi e ha promosso la nascita di un programma su temi ambientali alla radio comunitaria «La Voix de Bossofal» per sensibilizzare settimanalmente gli ascoltatori sui pericoli che minacciano l’ambiente.
21) Cecilia Gregoria Cassapi (Angola)
Cecilia Gregoria Cassapi, angolana, 50 anni, attivista per i diritti umani, fin da giovane si è occupata della tutela dei diritti dei lavoratori nelle comunità rurali, dell’emancipazione delle donne e del diritto alla terra. È particolarmente attiva nella denuncia degli effetti dell’estrazione di minerali: dal degrado ambientale (distruzione delle terre, inquinamento delle falde acquifere) all’espulsione dalle loro terre degli abitanti delle comunità rurali, che subiscono anche violenze e torture da parte delle autorità e dei proprietari terrieri.
22) Massa Koné (Mali)
Massa Koné, maliano, 48 anni, è segretario generale dell’UACDDDD, un coordinamento di associazioni che lottano per lo sviluppo e la difesa dei diritti umani. La sua attività si incentra in particolar modo sulla piaga del land grabbing (accaparramento di terre da parte di potenze straniere e multinazionali) che nell’ultimo ventennio ha colpito duramente il Mali. Koné, che proviene a sua volta da una comunità vittima di land grabbing, a causa del suo impegno ha subito aggressioni e torture ed è stato incarcerato. Ciononostante resta in prima linea e sa essere anche uomo del dialogo.
23) Yayi Bayame Diouf (Senegal)
Yayi Bayame Diouf, senegalese, 65 anni, è presidente di un collettivo di donne che combatte l’emigrazione clandestina: un impegno nato dopo la scomparsa del suo unico figlio proprio durante un tentativo di lasciare irregolarmente la sua terra. Con determinazione ha realizzato un piano di sensibilizzazione rivolto alla sua comunità sui pericoli della migrazione irregolare ed è riuscita a offrire alternative credibili, in modo che i giovani possano trovare opportunità economiche in Senegal. A questo scopo ha creato un centro di formazione professionale per giovani e donne e uno sportello di formazione e orientamento.
24) Jack Matika (Kenya)
Jack Matika, keniano, 38 anni, è un educatore di strada. Dopo un’infanzia molto difficile, grazie alla comunità Koinonia e a padre Kizito ha potuto studiare ed è diventato maestro elementare nel centro di riabilitazione per bambini di strada di Nairobi. Come educatore di strada, è impegnato tra l’altro ad aiutare i giovani a uscire dalla dipendenza dalle droghe. Inoltre è supervisore del centro di riabilitazione fisioterapica per bambini e disabili, promuove la mobilitazione e la responsabilizzazione dei genitori della comunità, coinvolge i media per fare pressioni sul governo del Kenya riguardo ai diritti dei bambini di strada.
25) Zama Allah Mamane Boubacar (Niger)
Zama Allah Mamane Boubacar, nigerino, 35 anni, presidente della Association Culture-Arts Rumbu, è un attivista impegnato nel mondo giovanile e universitario, soprattutto sul tema della cittadinanza responsabile. Il progetto più recente («Vivere insieme») intende affrontare la frammentazione e la mancanza di solidarietà tra gli studenti dell’università Abdou Moumouni di Niamey, dovuta in gran parte alle divisioni causate dalla forte presenza, all’interno dell’ateneo, di diverse sette religiose. L’obiettivo del progetto è consolidare la coesione sociale tra gli studenti, rafforzare i vincoli di solidarietà, rendere possibile la convivenza.
Chi può partecipare al Premio?
Il Premio Raffaele Masto è un’iniziativa promossa da Fondazione Amani grazie all’impegno del Comitato “Amici di Raffa” e della Rivista Africa, con il supporto di Radio Popolare, nata per ricordare il giornalista e scrittore Raffaele Masto – una vita dedicata a raccontare il continente africano, scomparso il 28 marzo 2020.
Il Premio a favore dell’attivismo civico in Africa intende fornire visibilità e sostegno a esponenti della società civile africana ed è un riconoscimento riservato a donne e uomini africani che si sono contraddistinti nella difesa e nella promozione dei diritti umani, delle libertà individuali, nella tutela delle comunità locali, delle minoranze, dei dissidenti e dell’ambiente in Africa.
In particolare, il Premio intende fornire visibilità e sostegno a esponenti della società civile selezionati dalla giuria del Premio tra le candidature segnalate da enti, organizzazioni non governative e associazioni, oppure tra eventuali candidature spontanee: persone che si sono contraddistinte per l’impegno civico, indipendentemente dalla professione svolta e dal contesto in cui operano.
Possono essere candidati al Premio attivisti, intellettuali, studenti, giornalisti, citizen journalist, blogger, ambientalisti, sindacalisti, artisti; in generale, chiunque si sia opposto alle vessazioni, all’illegalità e alle prevaricazioni, dimostrando audacia e talento, abnegazione e generosità, coraggio e integrità morale, dedizione incondizionata verso i diseredati e gli oppressi.
Il Premio viene assegnato a due candidati, ritenuti più meritevoli secondo il giudizio insindacabile della giuria. In sede di valutazione vengono considerate le attività e le iniziative intraprese, i successi ottenuti, ma anche gli sforzi profusi e i comportamenti virtuosi dimostrati.
Il Premio verrà consegnato in occasione di un evento pubblico in Italia, finalizzato a far conoscere e promuovere le attività svolte dal/la vincitore/trice.